venerdì 10 agosto 2012

-I'm back; or I guess so.-


無感覚になりたい。

-Mukankaku ni naritai.-

-Vuoi essere insensibile-
Sono le undici di sera.
Io... sono proprio io? Sulla mia bici Holly, con 74 chili alle spalle, i miei 42 chili e il mio zainetto contenente solo le mie Winston rosse, il cellulare dimenticato, e una ventina di altri chili da perdere, sono decisamente io anche se ho perso la concezione di me. Eppure niente si muove da troppo tempo. Questo stramaledetto corpo sembra essersi ibernato da quando sono collassata sul cesso sotto gli occhi spaventati dei miei genitori e dei paramedici. So che non mi troveranno, eppure pedalo con tutta la forza che ho in corpo. E di forza ne ho molta, la prendo da altre cose, che non sono il cibo. Il cibo non mi serve.

Penso che vorrei correrescapparemoriretutto ma non questo. Ripenso a quello stramaledetto mancamento, non ho calcolato bene nulla. Volevo tornare a scuola bella e perfetta con i miei jeans taglia 36 ma a quanto pare mi deformeranno fino a costringermi a buttarli.

Ok,  ricapitoliamo un pò.
Ad Ottobre di quest'anno mi guardo allo specchio e sono orribile. L'Ilaria debole a cui piace mangiare si appoggia ad una nuova Ilaria, più combattiva, che le dice che il cibo non le serve. Inizio una dieta. Mi sfugge di mano. La vecchia Ilaria si trasferisce in un piccolo angolino della mia mente e inizia a occupare sempre meno spazio. Esce ogni tanto, e rovina tutto quanto. Così, io e la nuova Ilaria decidiamo che quella vecchia deve morire. Qualche giorno dopo il collasso. La conoscenza con lo psicologo che mi riempie di questionari. 
"...e non credevi che, così facendo... Non so, saresti potuta morire?" 
Non so, francamente non me n'è mai fregato nulla.
"E di che cazzo ti nutri allora?"
Povera mamma.
Aumento la velocità, sono quasi arrivata. La casetta sul lago, che in teoria è chiuso, in pratica me ne sbatto, mollo tutto a terra e scavalco il cancello. Neanche un minuto e sono già entrata, nel buio pesto, perché manca la luce, ma riesco non so come a trovare le scale e sono sul tetto. Quante sigarette di rimangono? Dieci al massimo... credo. Me ne accendo una lottando contro questo vento che mi avrebbe fatto comodo qualche giorno fa, quando sono stata trasportata in ospedale. Accendo il cellulare e subito ecco mio padre. 
"Torna a casa, per favore, vuoi?" Non è una richiesta, lo capisco dal tono.

Dopo, sulla bici, pedalando con tutta la forza che ho nelle gambe, immagino il grasso, la pelle, questo corpo che si separa da me. Acquisto velocità, sono uno scheletro leggero come una piuma, e la mia carcassa giace abbandonata dietro di me.

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